Nella tradizione figurativa del corpo, l'autorappresentazione ha sempre affascinato gli artisti, e in fotografia soprattutto le fotografe che, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, sono spesso diventate modelle di se stesse parodiando gli stereotipi maschili o inventandone degli altri, per farsene gioco o per mettere in scena i propri conflitti interiori. Così è anche per Cinzia Battagliola, un'artista che usa per la realizzazione dei propri progetti la fotografia istantanea con cui ritrae essenzialmente se stessa e il proprio corpo.
L’uso della Polaroid le permette di concentrarsi soprattutto sull’atto creativo senza troppe preoccupazioni di carattere tecnico e il risultato è “unico e irripetibile”, anche se a volte imperfetto poiché spesso l’immagine è sfocata e i colori poco reali e non ben definiti. Oltre al formato di piccole dimensioni, “anche il numero limitato degli scatti a disposizione per ogni caricatore è importante: è come se nella limitazione trovassi meglio la mia strada”.Davanti e dietro l’obiettivo, modella e fotografa delle proprie immagini, Cinzia si mette in gioco scegliendo quale aspetto di sé rivelare all’esterno. La figura femminile, da sempre oggetto della rappresentazione di altri, riproduce spesso gli stereotipi maschili e oscilla ambiguamente tra realtà e fantasia in uno sdoppiamento in cui il corpo è soggetto e oggetto simultaneamente.
“Cerco la luce e temo il buio anche se allo stesso tempo ne sono attratta. I ricordi e le mie esperienze infantili mi vengono incontro ciononostante creano uno sdoppiamento di ciò che provo: una figura divisa in due che spesso mi crea disagio. Lo sdoppiamento è un elemento che ho affrontato tante volte ed è quasi ossessivo, si ripresenta ogni volta che penso di averlo risolto creando una specie di spirale che gira su se stessa”. Probabilmente tutto ciò è naturale perché autoritrarsi significa staccarsi da una parte di sé, privarsi temporaneamente del proprio corpo per rappresentarlo, uno strappo mentale in cui l’autrice deve immaginare in uno spazio vuoto la scena e il soggetto dei propri scatti per annullare poi la propria soggettività come oggetto rappresentato. Oggetto di cui prende possesso uno sguardo estraneo, uno sguardo maschile che lo rende mira del proprio desiderio. Ed ecco che la modella, osservata, si proietta nello sguardo dell’altro, dell’osservatore da cui vuole emanciparsi in un altalenare tra soggetto consapevole e oggetto desiderato, in una continua ricerca di equilibrio tra essere ed apparire; in un continuo perseguire la propria identità: “Nei miei racconti fotografici ho la necessità di esprimere il mio pensiero attraverso gesti e forme che rimandano all’essenza delle cose…”. Ciò perché “Quello che hanno in comune le storie raccontate dalle donne è l’esserci profondamente, sia che si siano trovate dentro l’immagine o dietro l’obiettivo. Quasi mai fredde testimoni, sempre coinvolte partecipanti… Il rapporto tra la fotografia e le donne è stato subito segnato da una simbiosi speciale… le donne ‘culturalmente corporee’, hanno sposato la forza di restituzione della realtà corporea che la fotografia poteva garantire loro in modo privilegiato”.(Federica Muzzarelli, L'altro sguardo, fotografe italiane 1965-2015, Silvana Editore).Cinzia cerca di conciliare le parti in cui si sente scissa mediante progetti fotografici realizzati quasi d’istinto che la spingono “a raccontare qualcosa che capisco solo dopo averla realizzata e a volte anche a distanza di tempo… come se si dovesse depositare prima di avere un senso”. Il tempo è il fondamento nei suoi lavori con il “fluire irreversibile verso un destino a cui non si può sfuggire. Tra l’inizio e la fine esiste però uno spazio”. Il tentativo di riempire questo spazio temporale tramite il corpo e la propria esistenza è ciò che anima le immagini della fotografa.
Dopo essersi dedicata alla stampa in bianco e nero e poi, con l’avvento del digitale, alla post-produzione, Cinzia Battagliola, nel 2008, scopre che la fotografia istantanea è quel che meglio le consente un uso più introspettivo del mezzo fotografico. Rivolge l’obiettivo verso di sé alla scoperta del proprio mondo interiore perché percepisce che il corpo è l’involucro che custodisce la mente e, come tale, anche un contenitore di memoria in continua evoluzione. Infatti “La fotografia con la sua particolare capacità di convocare il passato e far riaffiorare emozioni lontane nel tempo, è lo strumento privilegiato per rappresentare il vissuto e la natura complessa della memoria” (Raffaella Perna, L'altro sguardo, fotografe italiane 1965-2015).
L’autoritratto, attraverso lavori suddivisi in sequenze di più immagini, diventa quindi per la Battagliola un percorso nel tempo e all'interno di se stessa.io all’interno di se stessa.
Maria Erovereti